La chemioterapia consiste nella somministrazione di una o più sostanze capaci di uccidere le cellule tumorali durante il loro processo di replicazione. Lo scopo della chemioterapia varia a seconda del tumore e della situazione clinica.
La chemioterapia antineoplastica può essere:
Neoadiuvante: quando viene somministrata prima dell’intervento chirurgico per ridurre una massa tumorale.
Adiuvante: quando viene somministrata dopo l’intervento chirurgico per ridurre la possibilità che la malattia possa ripresentarsi.
Esclusiva: quando viene somministrata come unica arma per curare neoplasie altamente chemio-sensibili (ad esempio le leucemie).
Palliativa: quando viene somministrata con l’intento di contenere la crescita della malattia e di conseguenza migliorarne i sintomi.
Quando le condizioni generali del paziente lo consentono, viene somministrata una “polichemioterapia”, basata sulla associazione di vari farmaci antitumorali che, sfruttando meccanismi di azione diversi, ne potenziano l’efficacia terapeutica.
La somministrazione della chemioterapia avviene di solito per via endovenosa e può durare da pochi minuti a diverse ore a seconda dello schema impiegato, del meccanismo di azione del farmaco che si vuole sfruttare e della patologia da trattare. In alcuni casi la chemioterapia viene praticata attraverso infusioni venose prolungate, che durano continuativamente per diversi giorni o settimane. I farmaci chemioterapici si dosano generalmente sulla superficie corporea del paziente in m2 (metri quadrati) che si calcola con una formula che utilizza il peso e l’altezza del malato.
Un trattamento chemioterapico viene definito di prima linea quando viene somministrato a pazienti non pretrattati, ovvero che non hanno mai ricevuto una chemioterapia.
Si parla di trattamento di seconda, terza, quarta …ulteriore linea quando si cambia lo schema di chemioterapia perché la malattia è in progressione ed è necessario usare altri farmaci o la chemioterapia di prima linea non ha ottenuto i risultati desiderati e/o ha provocato delle tossicità non sostenibili dal paziente.
La terapia viene somministrata per cicli: ogni ciclo consta di solito di uno massimo di tre giorni di effettiva somministrazione del farmaco, seguito da un periodo di “riposo”, per poi ripetersi con questa cadenza per un intervallo di tempo variabile. In genere la chemioterapia si prolunga per un periodo che va da tre a sei mesi, nel corso del quale si effettuano in genere da tre-quattro a sei-otto cicli di trattamento. Il programma tuttavia può cambiare in relazione al tipo di malattia, al singolo paziente e alla reazione individuale alle cure.
I trattamenti antineoplastici sono generalmente utilizzati nelle fasi acute, come «terapia d’urto» per bloccare la diffusione dei tumori e poi sospesi una volta ottenuto questo risultato.
Ultimamente si sta diffondendo in oncologia il concetto della "terapia di mantenimento", cioè continuare a somministrare la terapia in modo continuativo trattando i tumori come malattie croniche da tenere sotto controllo a vita. La chemioterapia di mantenimento si è dimostrata valida solo in casi specifici, su determinati pazienti, con determinate tipologie di tumori. Sarà quindi compito dell’oncologo decidere quale è la miglior terapia per ogni singolo paziente.
Effetti collaterali
Gli effetti collaterali della chemioterapia costituiscono un aspetto molto importante del trattamento al punto che i due concetti vengono percepiti quasi come sinonimi dall'opinione pubblica. Queste manifestazioni tossiche si determinano in quanto, analogamente alle cellule tumorali, anche quelle sane degli organi normali sono sensibili ai vari farmaci chemioterapici.
I nuovi farmaci chemioterapici sono sempre più mirati e personalizzati e quindi anche meglio tollerati. E’ comunque possibile che, qualche volta, in alcuni pazienti si possano manifestare degli effetti collaterali che variano quindi da individuo a individuo e inoltre, possono variare, in uno stesso individuo, da un ciclo di terapia all'altro. Sono effetti che spariscono una volta terminata la terapia.
Se il disturbo diventa particolarmente fastidioso e intollerabile, è sufficiente interrompere temporaneamente la somministrazione del farmaco per permettere alle cellule sane di rigenerarsi. L’ assenza di effetti collaterali non significa che la terapia non sia efficace.
Gli effetti collaterali più comuni sono:
L'inappetenza compare nella maggior parte dei pazienti affetti da un tumore che si sottopongono a terapia. Può determinare malnutrizione e calo ponderale. A volte è generalizzata a tutti i cibi, in altri casi si sviluppa il rifiuto solo per alcuni alimenti. E’ un sintomo che non deve essere sottovalutato perchè un’eccessiva perdita di peso potrebbe influenzare il decorso clinico e la prognosi del tumore.
Sono i due sintomi piu’ frequenti in assoluto e forse anche i piu’ temuti dai pazienti sottoposti a chemioterapia. Si possono associare ad aumento della salivazione, pallore, stanchezza. Alcuni farmaci utilizzati per contrastare il tumore stimolano una particolare area del sistema nervoso, definita centro del vomito.
Nausea e vomito vengono definiti acuti, quando compaiono poche ore dopo la chemioterapia, ritardati, quando insorgono almeno 24 ore dopo ed anticipatori, quando il paziente li riferisce addirittura prima di eseguire la terapia.
Il rischio di avere nausea e vomito è più alto nelle donne, nei giovani, in chi soffre già di mal di mare, mal d’auto o di macchina, in chi ha già eseguito precedenti terapie. L’ansia può facilitare la comparsa di nausea e vomito e peggiorarne i sintomi già esistenti.
Il medico oncologo ha a disposizione diversi farmaci per contrastare questi sintomi pertanto li prescriverà per prevenire l’insorgenza del sintomo e per contrastarlo una volta che si è verificato.
Compare in circa il 20% dei pazienti. Consiste in una infiammazione della mucosa del cavo orale che va dall'arrossamento a severe ulcerazioni. I sintomi variano dal disagio durante i pasti all'impossibilità di tollerare cibo e fluidi. In genere questo tipo di disturbo compare 4-5 giorni dopo la somministrazione della chemioterapia. E'sempre importante avvertire il medico curante che prescriverà la cura più adatta per alleviare i sintomi.
Per diarrea si intende la presenza di tre o più scariche al giorno di feci non formate o liquide, con o senza dolore. La chemioterapia può provocare la diarrea, poiché danneggia le cellule sane che formano l’intestino crasso e tenue. Inoltre la chemioterapia può velocizzare il transito intestinale. Con alcuni farmaci la diarrea insorge immediatamente dopo il termine della somministrazione, in altri casi a distanza di qualche giorno. La diarrea secondaria a chemio e radioterapia può persistere fino a tre settimane dopo la sospensione della terapia.
Durante la chemioterapia la defecazione può diventare meno frequente e le feci essere dure, secche e difficili da espellere. Alcuni pazienti riferiscono gonfiore addominale e flatulenza. Oltre alla terapia anche l’ansia, la minor attività fisica o lo stare sempre seduti o sdraiati può’ peggiorare il sintomo.
A volte, soprattutto con l’utilizzo di farmaci biologici, possono insorgere delle manifestazioni cutanee di solito indicate con il termine generico di "rash cutaneo". Le lesioni possono essere differenti sia come caratteristiche (arrossamenti, pustole, eritemi) sia come intensità e diffusione nel corpo. Insorgono di solito a livello del volto, del dorso e degli arti superiori. Ci possono essere anche alterazioni a livello delle unghie o nella crescita di ciglia e/o sopracciglia.
L'oncologo curante, anche con l’aiuto di un dermatologo, sarà in grado di aiutare il paziente nel gestire nel miglior modo possibile questi fastidi. Come per gli altri disturbi, anche le alterazioni della cute scompaiono una volta terminata la chemioterapia.
Durante la chemioterapia si può verificare la caduta parziale o totale dei capelli (alopecia), a cui può essere associata anche la caduta delle ciglia e delle sopracciglia. L'evento si verifica circa 15-20 giorni dopo la prima somministrazione, a volte in modo rapido e massivo. La perdita dei capelli costituisce un serio problema psicologico sia per gli uomini che per le donne e, se non atteso, può essere traumatico. E'importante tuttavia sottolineare che la caduta dei capelli è sempre transitoria e la ricrescita riprende entro circa un mese dal termine della chemioterapia.
La chemioterapia può determinare una diminuzione dei globuli rossi, delle piastrine o dei globuli bianchi. Questo accade perchè i farmaci chemioterapici non riescono a distinguere le cellule maligne da quelle normali, per cui i loro effetti terapeutici spesso non possono essere disgiunti da quelli tossici. Periodicamente il medico curante prescriverà dei prelievi del sangue per controllarne i valori. In genere, l'organismo da solo tende a riportare i valori alla norma ma volte sarà necessaria la prescrizione di farmaci (fattori di crescita) per recuperare prima o per evitare eventuali complicanze.
Alcuni pazienti qualche giorno dopo la chemioterapia cominciano ad avere alterazioni del gusto e, alimenti che prima piacevano, potrebbero perfino dare nausea. Normalmente il fenomeno regredisce in pochi giorni, altre volte è necessario piu’ tempo. Se questo porta ad ingerire una minore quantità di cibo non bisogna allarmarsi eccessivamente, l’importante è che venga ingerita una giusta quantità di liquidi.
Sia la malattia che gli stessi trattamenti usati per contrastarla possono determinare un'intenso affaticamento (astenia o fatigue). Alla stanchezza “fisica” spesso si associa una sorta di “affaticamento mentale”, con difficoltà di concentrazione, scarsa voglia di fare e irrequietezza. Tale sensazione non migliora né col riposo né col sonno. Si manifesta con mancanza o perdita della forza muscolare, facile affaticabilità e scarsa reazione agli stimoli. Può addirittura spingervi a pensare di interrompere il trattamento. Non è una sensazione da sottovalutare e va riferita al medico oncologo.
Il paziente che deve affrontare la terapia spesso è impaurito e teme di non riuscire più a condurre una vita normale, di non poter lavorare e di dover dipendere dai propri familiari. Per quanto possibile bisogna cercare di affrontare la situazione con serenità, per superare al meglio i possibili disagi fisici della terapia. E’necessario non isolarvi dai familiari o amici e cercate di avere un buon rapporto anche con i medici e gli infermieri che vi assistono. La possibilità di "sfogo" offerta da un colloquio libero ed informale può allentare la tensione e le preoccupazioni connesse alla malattia e alla cura di questa. Utilizzate questo periodo di cura per dedicare più tempo a voi stessi e alle vostre passioni, o a ciò che vi sarebbe piaciuto fare.
I disturbi del sonno provocano il modificarsi del normale ritmo sonno/veglia. I pazienti affetti da malattie neoplastiche possono affaticarsi con maggiore facilità e quindi possono rendersi loro necessarie più ore di sonno del normale. Per contro spesso accade che i pazienti presentino problemi di insonnia. I possibili motivi alla base dell'insorgenza di questi disturbi del sonno sono: il dolore, l'ansia, le preoccupazioni, la depressione, la sudorazione notturna e/o gli effetti collaterali della chemioterapia. E'quindi importante riuscire a riconoscere i diversi aspetti in grado di determinare i disturbi del sonno per potere intervenire nel modo più opportuno.
Appartengono a questo gruppo gli effetti collaterali della chemioterapia che sono decisamente rari (come le reazioni di ipersensibilità) o che sono di relativa gravità (come la cute secca) o ancora che riconoscono più spesso cause legate più o meno direttamente alla neoplasia o ad altre malattie che non alla chemioterapia (come il gonfiore):
reazioni di ipersensibilita'
tossicita' cardiaca, polmonare ed epatica
tossicita' renale e vescicale
tossicita' muscolare e nervosa
secchezza delle fauci
bruciore agli occhi
disturbi dell'udito
cute secca
prurito
alterazioni delle unghie
gonfiore (edema)
stravaso di farmaci
Terapie biologiche
Negli ultimi anni accanto alla "classica chemioterapia" sono stati sviluppati in laboratorio nuove molecole estremamente selettive che colpiscono una singola struttura (per esempio un determinato recettore) in modo preciso, riducendo così gli effetti collaterali e aumentando l’efficacia della terapia. Tali farmaci sono detti “a bersaglio (target)” o “biologici”.
Vengono somministrati da soli o in combinazione con le terapie tradizionali (chemio-, radio-, ormonoterapia) e permettono di combattere direttamente il tumore, risparmiando le cellule normali dell’organismo, con conseguente minore tossicità. Pertanto, in base alle caratteristiche del tumore, il medico deciderà che tipo di farmaci utilizzare, cercando di personalizzare la terapia in base alla caratterizzazione biomolecolare del tumore. Verranno colpite le singole molecole alterate (fattori di crescita, recettori, enzimi…) responsabili della crescita e della diffusione incontrollata delle cellule tumorali, della loro resistenza alle terapie tradizionali e della produzione di nuovi vasi sanguigni.
I farmaci biologici di solito assunti per via orale, determinano una ridotta insorgenza di effetti collaterali, anche nel caso di impiego prolungato nel tempo.
Un esempio di terapia biologica sono i farmaci anti-angiogenici, molecole che hanno la capacità di intervenire sul fenomeno della neoangiogenesi tumorale, e cioè la nascita di nuovi vasi sanguigni. Il tumore, infatti, vive perché ha un sistema vascolare che lo nutre. Queste terapie riducono, in un’alta percentuale di casi, il volume del tumore e ritardano la sua progressione.
In un 10-15% dei pazienti affetti da carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC) sono presenti mutazioni nel gene EGFR ( Epidermal Growth Factor Receptor) che codificano proteine fondamentali per la sopravvivenza e la proliferazione cellulare. Bloccando l’attività di queste proteine mutate con molecole specifiche è possibile ottenere considerevoli benefici terapeutici.
La mutazione è piu’ frequente in chi non ha mai fumato, negli ex-fumatori di lunga data, e nelle donne. In presenza di tali mutazioni, il tumore è più suscettibile ai farmaci biologici inibitori della tirosin-chinasi che possono essere assunti per un lungo periodo di tempo, essendo ben tollerati. I principali effetti collaterali sono rappresentati dalla diarrea e dal rash acneiforme.
Il 5% delle neoplasie polmonari non a piccole cellule è invece caratterizzato dalla presenza di una traslocazione del gene ALK (Anaplastic Linfoma kinasi). Tale traslocazione è quasi sempre assente nel fumatore. Il paziente portatore di questa mutazione, che ha già eseguito precedentemente una chemioterapia, potrà assumere un farmaco biologico specifico.
Gli effetti collaterali più frequenti potranno essere nausea, vomito, diarrea e lievi disturbi visivi.
Sezione a cura della Dott.ssa Serena Ricciardi – Medico oncologo presso I° Pneumologia Oncologica, Azienda Ospedaliera San Camillo Forlanini